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Trump e la repressione del voto

Invece di convincerli a votare per te, fai in modo che non votino affatto. Certe tattiche dell’ex presidente e dei suoi somigliano parecchio a quelle dei democratici sudisti negli anni successivi alla guerra civile

HEATHER COX RICHARDSON
09/09/2024

 


Questo articolo è apparso originariamente su Letters From An American di Heather Cox Richardson.

In un’intervista con il giornalista conservatore Mark Levin su Fox News, Donald Trump si è lamentato della nuova indagine a suo carico per il tentativo di manipolazione elettorale del 2020. «Chi ha mai sentito di qualcuno che viene accusato di aver interferito con un’elezione presidenziale quando ha tutto il diritto di farlo?», ha chiesto.

Ovviamente nessuno ha il diritto di manipolare un’elezione presidenziale. Diverse leggi federali vietano questo genere d’interferenze. Come ha ben riassunto l’ex procuratrice e analista Joyce White Vance : «Quando si dice la banalità del male. Trump sostiene di poter scavalcare la volontà degli elettori dichiarandosi vincitore di un’elezione che invece ha perso. Ed è probabile che lo faccia di nuovo».

L’ex presidente sta preparando l’elezione del 2024 come i suprematisti bianchi del Sud preparavano quelle tra il 1876 e il 1964. Ha fatto intendere molto chiaramente che convincere la maggioranza degli americani a votarlo non è tra le sue priorità. L’idea è provare a spaventare chi non sta con lui abbastanza da scoraggiarne la partecipazione, incitando al contempo i suoi sostenitori alla violenza. Sono le stesse identiche tattiche reazionarie che i democratici sudisti utilizzavano subito dopo la guerra civile, nel tentativo d’imporre all’intera nazione un governo della minoranza. Il loro.

Di nuovo, il fatto che Trump non sia interessato a guadagnarsi il consenso della maggioranza pare piuttosto evidente. Quando la sua sfidante alle primarie Nikki Haley si è ritirata a marzo, la campagna dell’ex presidente non ha nemmeno provato a portare i suoi elettori – a quel punto rimasti privi di rappresentanza – dalla propria parte, l’unico a fare un tentativo fu paradossalmente Joe Biden. Qualche giorno dopo, sua nuora Lara e il fedelissimo Michael Whatley, appena nominati al comando del Comitato Nazionale Repubblicano, hanno abortito il piano della presidente uscente Ronna McDaniel di aprire quaranta nuovi uffici elettorali in dieci diversi stati in bilico. Come ha scritto The Dispatch, questo significa avere pochissimo personale sul territorio: nessuno che faccia il porta a porta, o le telefonate, e nessun coordinamento per i volontari. Non bastasse, la nuova leadership del direttivo ha anche licenziato quaranta dei sessanta addetti all’organizzazione del lavoro sul campo.

Il piano sembra piuttosto chiaro: invece di attrarre gli elettori, o provarci, Trump intende cavalcare la storia dell’elezione rubata nel 2020, che a sentir lui avrebbe vinto. Nei quattro anni successivi alle ultime presidenziali ben venti stati hanno approvato leggi che complicano l’accesso al voto per il 2024. Whatley stesso è tra i principali promotori della big lie (la grande menzogna, ndr), che è stata usata come giustificazione per queste nuove leggi. Trump stesso gli ha affidato la direzione del Comitato Nazionale, chiedendogli di dare priorità a tutta una serie di accorgimenti che rafforzassero «trasparenza e integrità dell’elezione». La sua campagna in generale si è concentrata su cause e ricorsi legali che rendano più difficile votare e si è impegnata a installare una lunga lista di persone fidate tra gli addetti alla certificazione del voto. Come ha fatto notare Peter Nicholas di NBC, i repubblicani hanno presentato dozzine di ricorsi il cui fine sembra non solo manipolare il sistema elettorale, ma allo stesso tempo convincere gli elettori che l’intera elezione è truccata a favore dei democratici.

Questa catena di falsità è venuta bene, per esempio, anche al governatore della Florida Ron DeSantis, che nel 2022 l’ha usata per giustificare l’istituzione di un’unità di polizia elettorale anti-broglio, nonostante i brogli in Florida, come negli Stati Uniti in generale, siano una rarità assoluta, quasi non esistono. Nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni di metà mandato di due anni fa, queste nuove unità di controllo si sono rese protagoniste di numerosi blitz a danno di cittadini per lo più afroamericani. La maggior parte delle accuse sono state successivamente fatte cadere, oppure gli accusati hanno patteggiato, accettando di dichiararsi colpevoli al solo fine di evitare la galera.

Questi blitz hanno però comunque ottenuto l’effetto di scoraggiare il voto. Nel suo rapporto annuale, l’Office for Election Crime and Security scrive: «L’introduzione delle nuove leggi sul voto in Florida mira a sanzionare i trasgressori, ma allo stesso tempo intende scoraggiare chiunque voglia considerare l’idea di votare illegalmente o commettere altro tipo di frodi elettorali».

I sostenitori di Trump si sono uniti a lui nel sostenere che i democratici stanno raccogliendo persone senza la cittadinanza da far votare per i loro candidati, nonostante la legge federale in vigore dal 1996 chiarisca come sia illegale per chi non ha la cittadinanza votare in elezioni presidenziali o per il Congresso. E non sembra in alcun modo importargli che non ci siano prove a sostegno di queste teorie. Come ha detto lo speaker della Camera Mike Johnson a maggio: «Intuitivamente tutti sappiamo che parecchi immigrati illegali votano nelle elezioni federali, ma non è una cosa facile da provare».

Il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha a sua volta creato un’unità per la salvaguardia dell’integrità elettorale a seguito delle elezioni 2020 e il 21 agosto di quest’anno, dopo che la conduttrice di Fox News Maria Bartiromo ha contribuito a diffondere voci prive di conferma su alcuni gruppi d’immigrati illegali che si sarebbero registrati per il voto, ha lanciato un’indagine sotto copertura che ha preso di mira alcuni attivisti latinoamericani. Secondo i leader latini «è evidente dal pattern di ricorsi, blitz, perquisizioni e confische come Paxton stia cercando di scoraggiare il voto ispanico».

Il complesso di queste operazioni ricorda l’era della ricostruzione successiva alla guerra civile, quando gli elettori afroamericani e i repubblicani che ne avevano preso le parti erano il bersaglio di costanti azioni intimidatorie. La giustificazione di allora era molto simile a quelle che sentiamo oggi: la regolazione del mercato, lo stato sociale e la promozione dei diritti civili sarebbero forme di “socialismo”. Ovviamente politiche di questo tipo non hanno nulla a che vedere con i principi del socialismo, che si basano invece sul controllo dei mezzi di produzione da parte del governo. Ma in questo richiamo allo spauracchio della sinistra radicale è chiaro l’eco degli argomenti che i suprematisti usavano contro l’allargamento del diritto di voto ai cittadini afroamericani, dopo che nel 1870 la ratifica del quindicesimo emendamento aveva reso illegale impedire a qualcuno di votare perché non bianco.

I nuovi cittadini, che precedentemente erano stati schiavi e possedevano quasi nulla perché tutto quello che producevano veniva requisito dai loro padroni, contribuirono insieme ai bianchi repubblicani all’elezione di nuovi pubblici ufficiali che ricostruissero il Sud post-schiavista. I suprematisti democratici però sostenevano che siccome le proprietà e quindi i contributi fiscali erano tutti dei bianchi, la costruzione di nuove strade, scuole e ospedali rappresentassero di fatto una gigante operazione di redistribuzione della ricchezza – ancora, di stampo socialista.

Nel diciannovesimo secolo, questo argomento giustificò prima la cosiddetta voter supression e poi l’idea che chiunque non votasse per confermare i suprematisti bianchi al governo fosse un pericolo per la società americana. I cittadini responsabili dovevano perciò tenere i non bianchi e chiunque li rappresentasse lontani da posizioni di potere. Con questa logica, ogni forma di violenza che mantenesse il governo della minoranza saldo diventava una dimostrazione di virtù civica.

Anche Trump e i suoi sostenitori ripetono che devono vincere per risollevare l’America dal baratro in cui secondo loro Biden e Harris l’hanno precipitata – che i loro avversari sono pericolosissimi e capaci di qualunque nefandezza. L’ex presidente e il suo consulente Corey Lewandowski hanno di recente sostenuto che i democratici ammazzano neonati. Trump ha anche spiegato a un evento organizzato dall’associazione conservatrice Moms for Liberty che alcune scuole operano i bambini cambiando loro sesso. Con riferimento diretto ai suprematisti del tardo ottocento, Trump dice regolarmente che la vicepresidente Harris è comunista.

Più Trump perde il contatto con la realtà, più le sue bugie diventano caricaturali, ma alla loro base c’è una demonizzazione dell’avversario che richiama certi argomenti e pratiche del passato, per esempio l’idea che alcune persone vadano tenute lontane dal potere o addirittura epurate dalla società.

Molti tra i sostenitori dell’ex presidente arrestati per l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 hanno detto durante i processi che credevano di essere impegnati nella difesa della democrazia americana da forze che intendono distruggerla, gruppi di potere che avevano appena rubato un’elezione. Trump li ha ringraziati per aver tentato di riconsegnargli la presidenza, definendoli patrioti. Ha poi aggiunto che sono stati «trattati in modo ingiusto» e che hanno dimostrato «incredibile coraggio e spirito di sacrificio». Ha anche promesso che se verrà rieletto darà la grazia a tutte le quasi mille persone condannate per reati connessi ai fatti di quel giorno.

Una serata organizzata al fine di raccogliere fondi per gli aggressori – il J6 Awards Gala – doveva tenersi al golf club di Trump a Bedminster in New Jersey la scorsa settimana, ma è stata rimandata a dopo l’elezione.

Un certo culto della violenza è ormai parte integrante del movimento MAGA. Il vice governatore del North Carolina Mark Robinson, che oggi è anche il candidato repubblicano alla guida dello stato, ha di recente attaccato alcuni dei suoi oppositori dicendo alla folla presente a uno dei suoi comizi che «certa gente andrebbe ammazzata». Come ha scritto Josh Kovensky di Talking Points Memo il 27 agosto, questo crescente clima di violenza sta alimentando la fantasia tra i sostenitori trumpiani che a un certo punto sarà necessario usare l’esercito contro la cittadinanza.

Lo stesso giorno in cui Trump rivendicava il suo diritto a manipolare le elezione per tornare al potere, Elon Musk – proprietario di X e simpatizzante trumpiano – ha ripostato per i suoi quasi 200 milioni di follower una dichiarazione secondo cui uomini e donne che non sono fisicamente in grado di difendersi sarebbero inferiori agli «uomini alpha» e non possono pretendere di governare il paese perché gli manca la capacità di pensare in modo critico. «Per questa ragione una repubblica composta da soli uomini della miglior specie produce processi decisionali più efficienti», recitava il post originale. «Certo la democrazia, ma una democrazia che sia solo per chi è libero di pensare».

Il commento di Musk sopra il post: «Osservazione interessante».